La terra di Bari, questa è la destinazione del nostro viaggio. Una visita collocata in un periodo molto importante della storia: Il Medioevo. Viaggiando tra castelli e cattedrali, posti sul mare, giungeremo alla riscoperta sapori unici come i ceci neri della Muglia Carsica.
Sono tante le vestigia medievali che caratterizzano il territorio, segno della floridità culturale ed economica che investì questa terra a partire dal XI secolo, grazie anche agli scambi commerciali con l’Oriente. La Puglia diventò anche una fondamentale base logistica di partenza verso la Terra Santa nei periodi delle Crociate. Ecco perché sorsero Cattedrali, Abbazie e luoghi di culto che ancora oggi sono un fiore all’occhiello della regione. Inizieremo il percorso dal monumento che meglio di chiunque altro è un simbolo del puer Apuliae, Federico II di Svevia: Castel del Monte. Sarà bello incontrare il mare adriatico nella meravigliosa Trani, dove la sua Cattedrale si riflette nelle acque blu. Discenderemo lungo la costa per giungere a Bari, incontrando vere perle marinare come Molfetta e Giovinazzo. Andremo quindi nell’entroterra, ad Acquaviva delle Fonti, dove troveremo i ceci neri (presidio slow food).
«U troppe stroppie» Proverbio barese
Oggi iniziamo il nostro viaggio dall’alto delle colline murgesi, da Castel del Monte. Questo luogo, che da sempre è stato considerato un simbolo esoterico, magico e cabalistico, è considerato un archetipo di castello, universalmente riconosciuto come la sede del potere, sapiente e strategico, del regno di Federico II di Svevia. Fu costruito alla fine della prima metà del XIII secolo ed è un mix di simbolismo matematico e astronomico. Non è nota ancora la sua reale funzione, perché non ha le caratteristiche difensive castellare e nemmeno di un casino di caccia. A noi piace così, altero, sobrio e maestoso sulle colline, dominante i territori di questa Puglia. Il numero otto ricorre spasmodicamente nella sua architettura, infatti l’edificio è a pianta ottagonale e in ogni vertice si innescano otto torri, anch’esse a pianta ottagonale. Al centro un cortile, ancora ottagonale disimpegna gli ingressi del piano terra. Questo numero diventa quasi un’ossessione. La struttura è in pietra calcarea rosata e le torri raggiungono un’altezza di quasi 25 metri. Entriamo dalla porta gotica rivolta a est e immergiamoci nei misteri di questa costruzione. Pensate che grazie alle sue rigorose simmetrie, ogni giorno è possibile vedere dei particolari giochi di luce solare all’interno del cortile, dove una volta c’era una vasca a simboleggiare la fonte della conoscenza. Gli interni sono molto spogli, a causa delle continue depredazioni avvicendatesi nei secoli, ma conservano un’austera eleganza gotica che, a volte, diventa quasi un’anticipazione di modelli rinascimentali. Federico II era veramente un uomo moderno sia come cultura che come intelligenza inclusiva e lungimirante. E se il viaggio all’interno del castello fosse anche un viaggio nel labirinto della vita? In effetti, la pianta architettonica mi ricorda molto alcuni labirinti pavimentali delle cattedrali gotiche; allora tutto è più chiaro, il castello è un viaggio nella conoscenza interiore, un viaggio per contemplare, senza timore, le stelle e i loro segreti dal suo terrazzo nelle notti di estate pugliese. Lasciamo alle spalle le nostre elucubrazioni metafisiche e ci dirigiamo verso il mare, ancora medioevo, ma questa volta romanico. Siamo diretti a Trani. Nel centro storico si percepisce ancora la fiorente epoca medioevale in cui Trani era un importantissimo porto della costa, contesa da tanti dominatori come Roberto il Guiscardo. Proprio in occasione della prima crociata iniziarono i lavori di costruzione della grande cattedrale. La sua mole è impressionante, monumentale. La Cattedrale volge l’ingresso verso il mare ed è completamente in pietra calcarea di Trani. Attraverso uno splendido portale di bronzo, sormontato da misteriose e “inquietanti” figure zoomorfe, si accede alla basilica superiore, costruita sull’impianto criptico. Originali sono gli elefanti stilofori, simbolo della longevità e cristologici, posti ai lati della finestra sotto il rosone sulla facciata principale. L’interno è sobrio, in chiaro stile romanico pugliese, suddivisa in tre navate. Come quasi tutti gli edifici medioevali, concorrono nell’architettura di questa cattedrale influenze arabe, bizantine, orientali e tipicamente occidentali. Poco distante ci lasciamo trasportare dalla curiosità di visitare il castello svevo. Il castello è stato molte volte rimaneggiato e trasformato, e il risultato visibile è frutto delle trasformazioni effettuate all’epoca di Carlo V, con l’avvento delle armi da fuoco. È sempre una bella esperienza andare per castelli. Dopo esserci affacciati nella lussureggiante e panoramica terrazza della villa comunale, ci dirigiamo verso Molfetta, altra perla del litorale nord barese. Molfetta era dedita alla pesca, già a partire dal IV secolo a.C., come testimoniato da antichi ritrovamenti. A proposito di antichi ritrovamenti, visitiamo anche il “Pulo di Molfetta”, una dolina carsica con un diametro di 180 metri e profondo 30, ricco di reperti archeologici del Neolitico. Il borgo marinaro della cittadina è un gioiello, è bello perdersi nei dintorni del duomo di San Corrado e incontrare lo scenografico palazzo Giovene. Altro interrogativo che ci poniamo sempre quando siamo a Molfetta, ma perché le persiane dei palazzi sono tutte di quel tipico verde che si può trovare solo qui? Il profumo di questo mare permea completamente il centro storico di Giovinazzo, racchiuso tra le possenti mura dove il mare azzurro fa sempre da sfondo tra gli antichi palazzi. Un antico torrione aragonese, da secoli, sfida le intemperie del mare in burrasca che nelle giornate di tramontana, da queste parti, è particolarmente impetuoso. Già, il vento dell’est, sferza la Puglia nelle giornate d’inverno, quando i pescherecci ondeggiano nervosi al riparo nei porti. Giovinazzo, salmastra e forte come questa terra di Puglia, qualche raffica colpisce anche la Cattedrale di Santa Maria Assunta, costruita agli inizi del XII secolo, o sibila furente sotto l’arco di Traiano. Il vento, a noi pugliesi, piace sempre perché porta novità, recitano alcuni antichi proverbi. La nostra direzione viaggia verso sud e ci conduce a Bari, città levantina e commerciale, dinamica e marinara. Da sempre Bari è associata al culto di San Nicola ed è considerata la città santa per i cristiani ortodossi. Entrare nella splendida Basilica di San Nicola è fare un salto nel passato. Qui ancora pulsano le storie di Santi, naviganti, saraceni, emiri. San Nicola che con la sua vita e la sua miracolistica ha dato luogo al mito di Santa Klaus. Esso unisce i sogni e la dolce musica natalizia di bambini, in ogni paese del mondo. Anche questo è un miracolo attribuibile a questo santo vescovo di una città, in Turchia, appunto Mira. La basilica è normanna, costruita nell’XI secolo, ha una facciata maestosa. E’ divertente seguire con lo sguardo gli arcatelli che corrono lungo il profilo a capanna della sommità. Entriamo all’interno mentre due bonari buoi stilofori sembrano seguirci con lo sguardo sul limitare d’ingresso. L’interno è ampio, alto, arioso. Bellissimo il campionario, di bestie e simboli medievali, che possiamo ammirare negli ornati architettonici dei capitelli, travi, porte e sulla straordinaria cattedra di Elia. Questa è un’opera scultorea tra le più belle di Puglia e insieme al tesoro del Santo è una delle principali attrazioni della Basilica. Da non perdere è anche la cattedrale di San Sabino, altro bellissimo esempio di romanico pugliese, che custodisce un meraviglioso codice miniato dell’anno mille, l’Exultet. Il centro storico regala la possibilità di percorrere tanti vicoli caratteristici e ben restaurati. Ci ritroviamo con gli amici nelle piazze del Ferrarese e Mercantile a inebriarci con i profumi della città vecchia e a passeggiare dal fortino di Sant’Antonio Abate fino a lasciarsi prendere dalle suggestioni sopra la muraglia. Il castello Svevo, con la sua maestosità, lo troviamo quasi casualmente, girovagando nelle vie fresche e ventose, ci appare davanti col suo mastio, incutendo il rispetto dell’opera militare.Nel XIX Bari ha avuto anche il coraggioso e fortunato slancio di mutare pelle e diventare una città europea moderna e liberty. Interessante è il quartiere murattiano con i palazzi eclettici come il Fizzarotti o Mincuzzi. Ma sicuramente il fiore all’occhiello culturale è dato dai suoi teatri: il Petruzzelli, il Piccinni, il Margherita. Grande cultura ottocentesca, segno di una classe borghese alta e colta che rendeva la città sempre più attraente ai commerci, fino all’importante realtà della Fiera del Levante, per decenni elemento trainante della economia di tutto il mezzogiorno italiano. Bella Bari, ci lascia un sacco di belle sensazioni, profumi e sapori (Mauro ma un poco di focaccia potevamo prenderla, e poi quei panzarotti fritti). Ci dirigiamo verso l’interno della Puglia a scoprire le murge carsiche. Mi sa che andiamo proprio alla fonte. Ebbene sì, ci dirigiamo ad Acquaviva delle Fonti. Dovete sapere che questa cittadina, nella seconda metà del XX secolo, si trovò coinvolta, inconsciamente, nella guerra fredda tra America e URSS. Infatti, l’America aveva schierato i suoi missili attacco/difensivi, nelle campagne intorno alla città. La facciata bianca della Cattedrale di Sant’Eustachio ci abbaglia, con il suo rosone che sembra un merletto. Ma siamo qui ad Acquaviva anche per un altro motivo. Siamo nella zona della Murgia Carsica, dove esiste una coltivazione di un prodotto molto particolare: i ceci neri. Mauro, e ora deliziaci con la ricetta che ha preparato per l’occasione.
Allora Francesco, sono pronto a creare qualcosa in cucina con questi splendidi e saporiti ceci neri della Puglia Carsica. I ceci neri della hanno una forma a chicco di mais, più piccoli, con la buccia rugosa e irregolare, l’apice a forma di uncino, molto gustoso e ricchissimo di fibre (tre volte di più della quantità presente nei ceci comuni). Ricco di ferro, tanto che in passato era consigliato alle donne in gravidanza. Per valorizzare questo nostro prodotto ho pensato di usare i ceci neri per realizzare una purea. A rendere il piatto ricco e goloso, ci aggiungeremo degli involtini realizzati con filetti di triglia aromatizzati alla menta. Allora? Che ne pensate? Uniamo i profumi della terra a quelli del mare. Vi assicuro che il risultato finale vi conquisterà. Rimbocchiamoci le maniche e iniziamo.
Ingredienti per 2 persone:
- 3 triglie medie
- 150 gr di ceci neri
- 2 ravanelli
- menta fresca q.b.
- 1 spicchio di aglio
- 6 pomodorini di stagione
- sedano q.b.
- olio EVO q.b.
- sale q.b.
Procedimento:
Mettete i ceci neri in ammollo per tutta la notte. La mattina dopo, eliminate l’acqua, sciacquateli ripetutamente e ricopriteli con nuova acqua fresca. Io preferisco cuocere i ceci in pentola a pressione per fare prima. Ponete in ceci nella pentola, lasciate che inizino a bollire, eliminate la schiuma che si forma. Una volta tolta tutta, condite i ceci con uno spicchio di aglio in camicia, dei pomodorini, qualche pezzo di crosta di sedano e sale a piacere. Chiudete la pentola a pressione e dopo il fischio calcolate circa 30-40 min. Una volta cotti i ceci, metteteli in un boccale insieme a un filo d’olio e con l’aiuto di un minipimer a immersione fatene una crema setosa. Prepariamo ora i filetti di triglia. Se non sapete sfilettare il pesce, fatevi realizzare i filetti di triglie dal vostro pescivendolo di fiducia. Una volta ottenuti i filetti, realizziamo dei piccoli involtini. Mettete una fogliolina di menta sul filetto e arrotolate. Per bloccarlo usate uno stuzzicadenti. Ponete gli involtini di triglia in una ciotola, umettate con un filo di olio e cuocete in microonde per 2 min a 500watt. Prendete i ravanelli, privateli delle foglie e tagliateli a fettine sottili. Siamo pronti per comporre il nostro piatto. Eliminate gli stuzzicadenti dagli involtini di triglia. Prendete un piatto fondo, ponete su di esso un mestolo di purea di ceci neri in modo da creare un letto omogeneo. Adagiate gli involtini di triglia sui ceci e decorate con rondelle di ravanelli e foglioline di menta. Francesco io sono pronto, ci mettiamo a tavola? Buon appetito a tutti.